martedì 16 ottobre 2007

IL CIRCOLO MAJELLA PRESENTE A ROMA


Il Circolo Majella ha partecipato alla manifestazione del 13 ottobre a Roma con un autobus di iscritti che ha preso parte al corteo che è sfociato sotto il colosseo con 500.000 partecipanti.

E' stata una giornata indimenticabile, una vera e propria manifestazione pacifica, mamme, papà, figli, nonne e nonni, tutti insieme a chiedere più sicurezza e meno tasse.

C'era anche un pò di San Valentino sul palco, perchè ha portato il suo saluto il Generale dei carabinieri Rocca, ferito nel conflitto a fuoco con le BR nel quale ha perso la vita il Carabiniere D'Alfonso al quale è stata intitolata la caserma dei Carabinieri di San Valentino.


tratto dal sito www.carabinieri.gov.it

Il 5 giugno 1975 il tenente Umberto Rocca, comandante della compagnia di Acqui, dopo aver celebrato la ricorrenza del 161° anniversario dell'Arma, verso le 10,30 decide di effettuare ispezioni in località e cascine già note e sorvegliate (ma ancora senza esito). Sono con lui il maresciallo maggiore Rosario Cattafi, comandante della stazione di Acqui Terme; l'appuntato Giovanni D'Alfonso, l'appuntato Pietro Barberis. I primi tre in uniforme e l'ultimo in abito civile. Arrivati nella località di Arzello del comune di Melazzo (10 km da Acqui) alle 11.30 Rocca giunge alla cascina Spiotta, da più mesi posta sotto sorveglianza perché segnalata come luogo saltuario di ritrovo di persone sospette.
SENZA ESCLUSIONE Di COLPI. L'ufficiale controlla l'interno delle vetture e detta gli estremi dei libretti di circolazione quando Barberis segnala al tenente di aver sentito voci e rumori nella cascina. Rocca si avvicina alla porta, constatando la presenza di alcuni individui all'interno della cascina. Ordina che la vettura si piazzi sulla strada per bloccare il traffico, ma defilata da eventuali tiri da porte e finestre; D'Alfonso si piazzi in posizione tra i capannoni, defilato, ma pronto a intervenire; Barberis chieda subito rinforzi alla centrale operativa via radio e controlli la parte posteriore della cascina. Il tenente Rocca, con Cattafi, compie una rapida ispezione dell'immobile, per appostarsi poi allo spigolo destro con il suo mitra per controllare due lati, e ordina a Cattafi, che ha già bussato, di mettersi all'estremità di un casotto in muratura di fronte alla cascina. Al piano superiore si affaccia una donna che guarda nel cortile e rientra in silenzio. Rocca allerta a gesti i suoi dipendenti. Cattafi ad alta voce invita più volte il dottor Caruso (il nome che risulta dalla targhetta alla porta) a uscire fuori. Un uomo apre la porta e invita con fare arrogante i militi ad entrare. Cattafi ripete l'invito, ma l'uomo lancia un bomba e richiude la porta. Si scatena l'inferno. La bomba investe in pieno Rocca, gli trancia il braccio sinistro e gli ferisce l'occhio sinistro. Cattafi si prende numerose schegge sul lato destro, ma spara con la pistola contro finestre e porta. Poi si accorge delle gravi ferite dell'ufficiale Rocca. Smette di sparare e, benché ferito gravemente, lo solleva di peso e lo mette al riparo trascinandolo per 100 metri di terreno ripido e aspro fino alla provinciale. Ferma un'auto di passaggio e chiede al conducente di portare Rocca all'ospedale di Acqui. Nel frattempo sta arrivando un'altra pattuglia di cui rifiuta il soccorso, invitandola a raggiungere la cascina.
Sarà caricato a bordo di un'ambulanza poco dopo.Nella cascina un uomo e una donna tirano un'altra bomba a mano (a vuoto) ed escono dalla porta per andare ai capannoni. D'Alfonso avanza per bloccarli con il fuoco della pistola, ma viene centrato da una raffica alla testa, al torace e all'addome. Nonostante i colpi ricevuti, spara a sua volta un intero caricatore, forse ferendo due volte la donna che è salita in macchina. Ormai i due sono in fuga. La strada è però sbarrata dall'auto dei carabinieri dove Barberis si era tempestivamente messo al riparo. Le due macchine dopo un tamponamento escono di strada. Barberis spara, i brigatisti rispondono e l'uomo esce fuori dalla vettura arrendendosi "Siamo feriti, ci arrendiamo". Il solito vecchio trucco. Barberis smette di sparare, li invita ad alzare la mani e ad andare verso una radura. Ma dopo pochi passi l'uomo si fa scudo della donna, estrae dal giubbetto una bomba e la lancia verso Barberis che, con grande prontezza, si slancia in avanti e riesce a sparare colpendo a morte la donna nonostante la bomba gli esploda a pochi metri di distanza. Il terrorista superstite si tuffa nella boscaglia e Barberis, preso un caricatore a D'Alfonso, lo insegue. Ne perde, però, le tracce. Torna indietro e assiste D'Alfonso ferito a terra.
Dopo alcuni minuti arrivano con l'autoradio tre colleghi.
Il vicebrigadiere Frati, che comandava il gruppo, prima di ispezionare la cascina, lancia un candelotto lacrimogeno. Da un piccolo vano a piano terra sentono gridare aiuto. E' Gancia, rapito il giorno prima. La donna uccisa è Margherita Cagol (conosciuta con il nome di battaglia di Mara), moglie di Renato Curcio. Lo scontro si è risolto in un'autentica carneficina. Rocca è mutilato, D'Alfonso è morto, ma i carabinieri tengono duro. Cattafi viene trovato dai giornalisti mentre sta per tornare a casa con numerose schegge in corpo. Mostra la divisa sforacchiata: "Potrei scolarci la pasta", dice, "ma comunque mi è andata bene".

1 commento:

Agostino ha detto...

Mi spiace non aver potuto partecipare alla composta e necessaria manifestazione che Alleanza Nazionale ha promosso nella capitale.
L'oleazzo cadaverico emesso da questo governo sorretto da zombi (leggasi senatori a vita) raggiunge anche noi Italiani residenti all'estero. Fortemente chiediamo ai partiti di centro destra di fare il possibile per porre fine a questo scandalo che sta rovinando ovunque l'immagine della nostra Patria.
Un saluto col braccio teso.
Agostino